Inquadramento geografico

Il territorio della Valle del Belice, dove l’olivicoltura ha trovato il suo habitat naturale di espansione, comprende i territori dei Comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna, Santa Ninfa, Poggioreale, Salaparuta. Il comprensorio confina a nordest con Monreale, ad ovest con Mazara del Vallo, a nordovest con Salemi, a nord con Gibellina e Calatafimi, a est con Contessa, Santa Margherita e Menfi, e a sud con il mare Mediterraneo.

Il territorio considerato presenta una buona viabilità principale (autostrada, strade statali, provinciali e comunali), che collega fra loro i vari Comuni, e questi con i più importanti centri commerciali dell’Isola; tipici esempi sono rappresentati dall’autostrada A29 che mette in comunicazione Palermo con Mazara del Vallo e dallo scorrimento veloce SS 115 che collega Castelvetrano con Sciacca ed Agrigento.
A livello infrastrutturale la viabilità secondaria ed interna ai diversi centri comunali è carente, sia per la larghezza sia per lo stato del fondo stradale.

Notevole importanza assume il servizio pubblico di autobus che permette un efficiente collegamento fra i centri cittadini della “Valle” ed il capoluogo regionale (Palermo).
È presente, inoltre, una linea ferroviaria che collega Castelvetrano e Campobello di Mazara con Trapani e Palermo.
Il territorio in esame è attraversato dal fiume “Belice”, alla cui foce ò stata costituita recentemente un’area protetta denominata “Riserva naturale integrale del Fiume Belice e dune limitrofe“, dove è possibile ammirare un’ambiente suggestivo di notevole interesse naturalistico, quello delle dune sabbiose.
Il territorio della riserva, esteso 241 ettari, è localizzato nel litorale sabbioso fra Marinella di Selinunte (Castelvetrano) e il promontorio di Porto Palo (Menfi).

L’esigenza di istituire questa riserva è nata dalla necessità di conservare e ricostituire le formazioni dunali, la flora e la fauna tipiche degli ambienti sabbiosi.
Le dune sono tipiche formazioni di origine marina, caratterizzanti la costa mediterranea della Sicilia; l’ecosistema è reso instabile da particolari condizioni climatiche: scarse precipitazioni, temperature elevate, vegetazione stentata e forti venti sciroccali.
Si tratta di formazioni dunali mobili che avanzano secondo la direzione del vento. Tale condizione determina un’eccessiva instabilità del suolo sabbioso e non permette l’insediamento delle specie erbacee, diffuse al contrario, nell’entroterra.
Tipici esempi di flora presente in tale oasi naturalistica e caratterizzante quest’ambiente sono: l’erba medica marina, la sandolina delle spiagge e il giglio marino, molto importanti perché grazie alla loro presenza stabilizzano le dune costiere e favoriscono l’insediamento di altre specie vegetali.

L’ambiente è di forte effetto paesaggistico-naturalistico, quasi uno scorcio di Africa in Sicilia. La flora e la fauna sono quelle tipiche degli ambienti costieri salmastri; sulle spiagge durante le caldi notti estive, sembra che deponga le uova la “tartaruga marina” inoltre, vi è la presenza di artropodi Psammofili, di cui alcuni assenti nel resto d’Italia.
La riserva naturale assume anche una particolare importanza come luogo nevralgico per le correnti migratorie di numerose specie di uccelli.

Il fiume “Belìce” è uno dei pochi in Sicilia ancora ricco di vegetazione palustre, presso la sua foce nidificano tuttora anatre, aironi e gabbiani, a testimonianza dell’enorme valore naturalistico.
Altro fiume caratteristico della zona è il “Modione”, l’antico “Selinon”, il cui apporto di acqua è solamente a carattere torrentizio; lungo il suo corso ospita una vegetazione costituita da giunchi e canna palustre. Verso l’interno, la vegetazione è quella tipica della macchia mediterranea (palma nana, carrubo, olivastro, lentisco, ginestrino spinoso).

La fauna avicola risulta ormai quasi estinta, mentre un tempo era molto varia e rappresentativa; esiste ancora a livello faunistico il colubro, serpente lungo circa un metro di colore gialloverdastro.

La zona della Valle del Belice è arricchita dalla vicinanza dell’area archeologica di “Selinunte”.
Storicamente. Castelvetrano ha un’origine legata ad una colonia di veterani Selinuntini. Il suo nome deriva da “Castrum veteranum”, che letteralmente significa Castello per la custodia di cose da invecchiare.
Per il centro di Campobello di Mazara l’origine sembra legala alla città di Selinunte, per il trasferimento di una colonia di agricoltori e tagliatori di pietre. Tale colonia, scomparve in seguito alla distruzione di Selinunte da parte dei Cartaginesi.

Sotto l’impero romano il tratto di terra, occupato prima della colonia, fu indicato con il nome di “Campus belli” “Campo di battaglia”, che deriva probabilmente dalla cruenta battaglia avvenuta in quel luogo tra Segesta e Selinunte.
La città affonda le sue radici in epoche assai remote, divenendo nel tempo per la Sicilia occidentale un punto di fondamentale importanza per la opulenza, per la dislocazione geografica strategica, nonché per la sua rigogliosa attività commerciale.
Per la costruzione dei suoi Templi Selinunte mantenne in attività per molti anni migliaia di schiavi adibiti ad intagliare, svellere e trasportare enormi blocchi di pietra dalle forme per lo più cilindriche, utilizzati per l’innalzamento dei famosi templi di Apollo, Giove e Giunone, Castore e Polluce.

I resti dei templi, ancora oggi, in parte sopraelevati e in parte sparsi al suolo, destano grande meraviglia ai numerosi visitatori che vengono da tutto il mondo. Gli enormi blocchi destinati alla costruzione dei templi di Selinunte provenivano dalle Cave di Cusa, luogo suggestivo che rivela antiche sofferenze.
Il trasporto delle colonne e dei tronchi di pietra avveniva con armature di legno trainati da buoi, elefanti e schiavi, attraverso il sistema studiato da Metagene, architetto Cretese del VI secolo a.C., applicando al masso da trasportare delle ruote per rendere più agevole il percorso.

Nel territorio di Castelvetrano è presente la Diga “Trinità” sul fiume Delia, realizzata negli anni ’50 e gestita dal Consorzio di bonifica Delia Nivolelli.
Essa costituisce il primo invaso realizzato in Italia interamente in “terra battuta” con una capacità di circa 18 milioni di metri cubi di acqua.
Lungo gli argini della diga esiste una notevole rappresentanza di flora e soprattutto di fauna a carattere stanziale (Martin pescatore, Piccione selvatico, Merlo, Nibbio e Gabbiano comune), a carattere migratorio (Fischione, Germano reale, Folaga, Mestolone, Pavoncella, Marzaiola, Moriglione, Cavaliere d’Italia, Codone, Gru e Cicogna), nonché a carattere migratoriostanziale (Gallinella d’acqua, Allodola e Airone cenerino).

Castelvetrano, operosa ed antica città di 31.691 abitanti e dislocata sopra un ridente colle a metri 190 s.l.m., è una delle più progredite della provincia di Trapani; vicina a Selinunte, con una riviera ricca di spiagge e di pesca, ha tradizioni storiche e culturali di gran rilievo, per questo contribuisce validamente a valorizzare tutta la Valle del Belice.
Dalla spianata di Porta Vittorio Emanucle e da quella di Porta Garibaldi, la vista spazia sopra un panorama vasto di monti, di mare, di campagne popolate di case, di una vegetazione rigogliosa dove primeggia l’olivo che dà un olio molto pregiato.

Ha una buona posizione geografica ed è collegata con le vie di comunicazione principali (autostrada A29, SS. 115, scorrimento veloce CastelvetranoAgrigento), che permettono anche il collcgafnento con i centri più vicini e con le città più importanti della Sicilia occidentale (Palermo 105 km, Agrigento 115 km, Trapani 74 km).
La popolazione residente si è mantenuta piuttosto stabile negli anni a partire dal 1951, solo negli ultimi anni si è assistito ad un leggero decremento.

Campobello di Mazara, città di 11.898 abitanti, sorge al centro di una amena pianura a metri 100 sul livello del mare.
Dista da Trapani km 68 (SS. 115), da Mazara del Vallo km 15 e da Castelvetrano km 6. La maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura (vite, olivo, agrumi, ortaggi e zootecnia), però non mancano abili artigiani e bravi professionisti.
Le industrie, sono poche, tra esse sono da ricordare quelle della lavorazione del vino, delle olive (olio e olive da tavola), del ferro, della costruzionedi mobili, materassi e dei solai prefabbricati. Sviluppata invece ò la pastorizia che nel recente passato ha occupato un posto di preminente importanza nell’economia agricola locale per la produzione di ottimi formaggi.

Partanna, centro agricolo di 11.621 abitanti si trova in buona posizione su una luminosa collina (metri 414 s.l.m.) tra le Valli del Modione a ovest e del Belice a est, con vista sino al mar d’Africa. Di origine greca, o forse sicana, trae il nome dalla sua ubicazione tra i due fiumi (Selinon ed Hypsa), da cui il nome originario “Par’amma”.
Colpito dal terremoto del 1968 che ha causato notevoli danni al patrimonio monumentale e residenziale, il vecchio centro è stato ricostruito ed affiancato a ovest da un nuovo insediamento, contiguo a quello esistente.
L’economia agricola è quasi interamente sorretta dall’agricoltura (vite, olivo, ortaggi, seminativi e zootecnia), esiste un modesto artigianato locale, mentre sono presenti alcune industrie di trasformazione dei prodotti agricoli (frantoi, cantine sociali, etc.).

Santa Ninfa, paese di 5.476 abitanti, è stato edificato su tre colli a ridosso dei bacini Delia e Modione a metri 460 sul livello del mare. E un centro agricolo fondato nel 1605 e deve il suo nome alla santa palermitana “Ninfa’’, alla quale è stata dedicata.
Confinante con Castelvetrano, Partanna, Gibellina e Salemi, dal centro storico si possono vedere tutte le sue teme ed anche il mare Mediterraneo.
Il paese, prima del terremoto del 1968 che lo distrusse quasi completamente, era edificato col caratteristico impianto ortogonale, aveva strade diritte e larghe; piazze alberate ed ariose per dignità e semplicità di linee architettoniche. È stato ricostruito parte nel sito originario e parte ad una quota appena inferiore.
L’agricoltura è indubbiamente la principale fonte di reddito dell’economia locale; le principali colture sono rappresentate dalla vite, dall’olivo e dai seminativi. L’artigianato è poco sviluppato, mentre mancano del tutto le attività industriali.
Diverse strade collegano Santa Ninfa con i centri viciniori e con Trapani e Palermo, permettendo il trasporto rapido dei prodotti agricoli sui principali mercati locali.

Poggioreale centro agricolo di 1.746 abitanti, ò allocata a sudest del capoluogo (km 65) ed a 393 metri sul livello del mare nella Valle del fiume Belìce. L’impianto urbanistico è seicentesco e assume forma a scacchiera regolare, leggibile ancora nel tracciato viario e nelle elevazioni degli edifici restanti di cui rimangono prevalentemente le mura perimetrali.
Il vecchio centro urbano, fondato da Morso Naselli nel 1642, non esiste più, spazzato via dal terremoto del 1968. Il nuovo paese sorge intorno alla Piazza Elimo, una struttura che ricalca schemi classici e progettata dall’architetto Paolo Portoghesi; come di Portoghesi è la nuova piscina comunale. È invece dell’architetto Purini la cappella del Santo Patrono Antonio da Padova. Nelle immediate vicinanze del paese vi sono i bagli di Cautali, di Bonfalcone e Ravanusa, mentre nei pressi del fiume Belìce è presente un antico mulino ad acqua. L’economia di tipo agricolo e zootecnico (vite, olivo e ovini) ha subito un processo di depauperazione dopo l’esodo conseguente all’evento del sisma.

Salaparuta. centro agricolo di 1.811 abitanti è posto a sudest del capoluogo (km 71), è situata a 385 metri sul livello del mare nella Valle del fiume Beiice, sulle falde meridionali del Monte Porcello (579 metri).
Centro di origine araba, denominato “Meijzil Sahl” (casale della Signora), nel sec. XV divenne feudo dei Panila, cui si deve la rifondazione del centro ai piedi del castello medievale. Il paese è stato interamente distrutto dal sisma del 1968. Il nuovo centro abitato, ricostruito secondo un piano che prevedeva il trasferimento totale della popolazione, ò adagiato su un declivio.
L’economia del comune si basa principalmente sulle coltivazioni agricole, infatti l’agricoltura è ancora il perno principale dell’economia del paese, ma altre attività sono nate sia per l’avvicendamento di persone di altre località sia per il bisogno di cambiare e fare qualcosa di diverso. Inoltre il terremoto ha dato una forte spinta all’edilizia che scaturiva dall’esigenza della ricostruzione delle case. Accanto a ciò, attività come lavorazione del legno, pastorizia, oleifici, piccole attività commerciali di vendita e di attività industriali e di servizi costituiscono nuove occasioni.

Nei sei Comuni della Valle del Belice, come d’altronde in tutto il territorio nazionale, la percentuale degli occupati rispetto alla popolazione attiva è diminuita nel corso dell’ultimo trentennio, determinando un livello di disoccupazione superiore al 20%, in predominanza giovani in cerca di prima occupazione. Degli occupati solo una percentuale piuttosto esigua è dedita all’agricoltura (mediamente il 15% circa), la maggior parte invece svolge un lavoro dipendente (60%), una cospicua fetta lavora autonomamente, mentre l’imprenditoria riveste pochissima importanza.

Nella Valle del Belice, trova conferma l’andamento decrescente registrato a livello nazionale riguardante gli occupati in agricoltura che sono diminuiti di circa il 50% nel corso dell’ultimo ventennio, a seguito dell’esodo rurale, dell’emigrazione e della crescita dei settori secondario e terziario. Nel comprensorio sono presenti 9.448 aziende agricole, distribuite su una superficie agricola utilizzabile (SAU) di ettari 37.403 e con un’ampiezza media aziendale puramente teorica di ettari 4,03 circa. Ciò conferma l’annoso problema della ridetta dimensione aziendale. Il grado di polverizzazione aziendale è molto elevato, infatti, circa l’80% delle aziende ha una superficie inferiore ai cinque ettari e il 30% addirittura ad ettari uno.

La forma di conduzione prevalente è la diretto coltivatrice (>80%); questo tipo d’impresa, riguarda nei sei comuni n° 8.423 aziende nelle quali il lavoro è svolto prevalentemente dai componenti della famiglia e solo raramente si ricorre a salariati avventizi (< 9%). È poco rappresentata la forma di conduzione con salariati o compartecipanti, mentre manca del tutto la colonia parziaria appoderata.
Nell’ambito dei vari ordinamenti colturali delle aziende gli indirizzi produttivi olivicolo e viticolo (80%) danno il contributo più rappresentativo all’economia agricola dell’intera Valle. I servizi alla produzione sono poco sviluppati; in particolare i servizi alle imprese sono rappresentati dal contoterzistrio dei mezzi meccanici operato da privati, invece, sono del tutto assenti le società di consulenza alle aziende e le cooperative di meccanizzazione.

La consulenza tecnica è fornita innanzi tutto dagli Uffici periferici dei Servizi allo Sviluppo dell’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste (SOAT n. 78 di Castelvetrano) e/o dall’Ente di Sviluppo Agricolo (SOPAT di Partanna e Salemi), dai liberi professionisti e dai rivenditori di prodotti per l’agricoltura. Con riferimento alla ripartizione colturale dei terreni nei sei Comuni della Valle del Belice, i dati presi in considerazione sono stati quelli relativi al Censimento Generale dell’Agricoltura del 1990, rielaborati ed integrati dai tecnici della SOAT 78 di Castelvetrano. Per il calcolo della superficie investita ad oliveto nei Comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna e Santa Ninfa ci si è avvalsi delle foto aeree a colori “Volo 1987” per conto dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente di Palermo, eseguite in occasione del censimento sull’abusivismo edilizio. Dai dati riportati nella tabella 3, si evince che il vigneto (41%) e l’oliveto (28%) rappresentano le colture più importanti nei sei comuni, con una notevole incidenza a carattere economico e sociale.

Negli areali interni ed in mancanza di acqua per uso irriguo, predominano i seminativi 20% (grano duro), i prati (sulla) e i pascoli perenni con poche essenze non molto pregiate (5%). L’agrumeto è mediamente rappresentato (4%), soprattutto nei comuni di Campobello di Mazara e Castelvetrano, ed in particolare la coltivazione del limone (cv. Femminello S. Teresa, Siracusano e Zagara Bianca), del mandarino (cv. Tardivo di Ciaculli) o dei mandarino simili (Clementine) e dell’arancio (cv. Washington navel, Navelina I.S.A. 315 e Valencia).

Il frutteto (1%), anche in zone dove esiste una notevole fertilità agronomica e condizioni micropedoclimatiche animali, ancora oggi non trova la possibilità per affermarsi a livello aziendale. Tale situazione tende evidente come l’agricoltore locale preferisca, per tradizione, impiantare un nuovo oliveto piuttosto che dedicarsi alla coltivazione dí pesche e pere. Negli areali litoranei a matrice sciolta si va diffondendo sempre più la coltivazione di colture ortive (1%), sia di pieno campo (carciofo, patata, melanzana, zucchina, anguria, peperone, pomodoro e insalate), che protette (pomodoro, fragola, melanzana e zucchina). I boschi hanno una certa predominanza negli areali interni di Partanna, Santa Ninfa, Poggioreale e Salaparuta, mentre sono poco rappresentati a Castelvetrano e addirittura assenti nel territorio di Campobello di Mazara.

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